Elisa Roux e Giorgio Emanuel

LE IMMENSE MONTAGNE DEL NEPAL

Elisa Roux e Giorgio Emanuel

Le montagne del Nepal sono immense: le descrivono in questo modo Elisa Roux e Giorgio Emanuel che, in quella terra, tra i grandi 8000 metri, hanno viaggiato, tra bicicletta e camminata, dal 28 ottobre all’8 novembre 2023. Giganti con i piedi ben piantati a terra e con la vista su valloni che non finiscono mai, mentre si continua a pedalare, pensando solo al prossimo colpo di pedale per non perdersi in quella sensazione di infinito. Eppure, le montagne, anche a settemila chilometri di distanza, hanno qualcosa in comune, anche nelle tante differenze: una certa ospitalità che contraddistingue le persone che le abitano. Le porte aperte, ad esempio, e quei piccoli fuochi accesi, attorno a cui le persone si radunano: “Non servono a riscaldare- spiega Giorgio- sono stufe troppo piccole per portare calore. E, anche qualora lo facessero, la porta aperta annullerebbe subito l’effetto. Ma non importa, il fuocherello è un modo di invitare, di riunirsi, di ritrovarsi e raccontarsi una storia. Accadeva anche nelle nostre campagne, ai tempi dei miei nonni: qualcosa bruciava sempre sulla fiamma e “l’odore” di quel fuoco te lo portavi ovunque, i vestiti ne erano intrisi”. Potrebbe essere questa la colonna sonora del Tour dell’Annapurna, 278 chilometri, 11000 metri di dislivello e cinquanta ore in sella, ma, soprattutto, tanto altro. Sì, perché dietro i volti, degli abitanti dei paesi, “consumati” dalle stagioni, dal vento, dalla sofferenza, perché la vita in Nepal non è facile, anzi, è proprio difficile, si cela una strana serenità, un altro modo di guardare al mondo ed alle cose che lo riempiono e che spesso assillano anche la nostra mente.

Un fatto che, tendenzialmente, si realizza al ritorno, dopo qualche tempo. Almeno così è accaduto ad Elisa che per alcuni giorni non sapeva bene cosa pensare di quell’avventura: stanca, affaticata, a tratti spaesata dalla conoscenza di terre così lontane: all’inizio, quando Giorgio gliene parlava dopo un suo precedente viaggio, lei credeva che le montagne fossero sempre e solo montagne e le città sempre e solo città, non si aspettava qualcosa di così travolgente. Non si aspettava montagne e città così “totali”: “Il caos di Kathmandu credo non esista in nessun altro luogo dell’emisfero. Un traffico impossibile, con mezzi che vanno in ogni direzione e, chissà come, non si scontrano. Non ho visto incidenti in quella città e ci avrei giurato. Suoni, rumori e tante biciclette, ma non per pedalare, per viaggiare. Per loro sono uno strumento di lavoro: spesso le spingono a mano e le utilizzano per caricare merce di ogni tipo, soprattutto fascine di bambù e patate, come fossero carretti”. I nepalesi restano stupiti ogni volta in cui vedono una bicicletta delle nostre, non solo perché sono belle, nuove, a confronto delle loro, usurate dal tempo e dal lavoro, ma, in particolare, perché si chiedono come mai si provi gusto a pedalare senza avere un mestiere da svolgere. Elisa sorride: “Quando chiedo a mio padre dove andava a camminare mio nonno, mi risponde sempre che mio nonno non andava a camminare, perché camminava per svolgere le faccende di casa. I ragazzi del Nepal me lo hanno ricordato”.

Le immense montagne del Nepal

Ci sono diverse casette di pietra che, però, in Nepal sono ospedali ed Elisa che lavora in ambito ospedaliero alla sola vista ha faticato a dormire per diverse notti, terrorizzata dal pensiero di stare male e non potersi curare e ci sono strade sterrate con grosse buche: deve essere a causa di una quelle buche che le biciclette di Elisa e Giorgio si sono danneggiate, durante il trasporto su un mezzo, caricate “a sbalzo”, mentre loro due erano impegnati nel trekking degli ultimi giorni: “Abbiamo trovato- spiega Giorgio- dei buchi enormi sotto i telai. Anche questo è l’effetto di quello che si ritiene scontato, perché in Italia è normale spostare le bici con un furgone, con le dovute imbottiture e protezioni, su strade lisce. Altrove non è così e dovremmo ricordarcelo, perché molte cose non sono così ovvie lontano da qui. Penso alle scuse di chi le aveva caricate, penso al dispiacere”. Ogni mattina le greggi di pecore e yak venivano condotte al pascolo dai più giovani e ogni sera l’abbaiare dei cani segnalava il ritorno di quegli animali e di quei ragazzi. Proprio uno di quei giovani, un giorno, è salito sulle biciclette di Elisa e Giorgio ed ha impennato: bastava guardarlo, era il ritratto della contentezza.

GLI SPUNTI DEL VIAGGIO DI ELISA E GIORGIO PER UNA CITTÀ MIGLIORE

“Vediamo tanti incontri per parlare di mobilità sostenibile ed è un bene, perché le nostre strade sono inaccettabili per quanto sono insicure. Allo stesso tempo, però, constatiamo che, quasi sempre, il pubblico e gli invitati sono tutti ciclisti oppure amanti della bicicletta. Bene, i ciclisti già sanno cosa significhi la condivisione della strada, l’essere parte debole: crediamo sia cruciale coinvolgere sempre più automobilisti in questi talk, in queste riunioni, affinché possa davvero avvenire la comprensione. Bisogna comprendere come si sente un ciclista quando un automobilista inchioda a pochi centimetri da lui, quando lo sfiora a tutta velocità: fa paura, si trema, si sbanda. Perché sia veramente stimolata l’empatia. Altro tema è quello della competenza: le piste ciclabili aumentano, è vero, ma come sono progettate? Tutelano davvero i ciclisti? In molti casi si perdono nel nulla in tratti di strada molto pericolosi. Accrescono il rischio, invece di ridurlo. Lo stesso effetto hanno le buche nell’asfalto che prosperano nelle nostre città. Sarebbe il caso di intervenire e di farlo il prima possibile.